giovedì 31 ottobre 2013

Grillo cena con Sabina Ciuffini

SCELTA COMICA – GRILLO: “LA POLITICA È UNA PARENTESI, VOGLIO TORNARE A FARE IL COMICO” (ANCHE PERCHE’ CON I SUOI SHOW GUADAGNAVA 4 MLN € L’ANNO)

Nella due giorni romana di Grillo una cena con l’ex valletta di Mike Sabina Ciuffini e un imprevisto, il mancato saluto con Verdone impegnato nelle riprese del suo film: “Ci conosciamo da anni, l'ambiente è quello” – Ai suoi collaboratori: “Siete consapevoli che questo Paese per svegliarsi ha avuto bisogno di un comico?”…
 
Emiliano Liuzzi per "Il Fatto Quotidiano"

31 OTTOBRE 2013


Grillo lo ripete spesso: "O vinco o torno a fare il mio lavoro vero, il comico". E quando lo dice non scherza, è serio. Lo ripete, da qualche mese a questa parte, agli amici, lo spiega ai suoi collaboratori, ne parla in famiglia. Con i suoi spettacoli è fermo da quattro anni, il 740, dice lui, è "zero euro".
"Non curo i suoi interessi, ma sono un suo amico, ci vediamo spesso. E Beppe ha rinunciato a cifre da capogiro in questi anni", dice Michele Torpedine, manager, considerato un mammasantissima nel mondo dello spettacolo, l'uomo che è stato capace di andare a prelevare un ragazzo in un pianobar di Bientina e farlo diventare Andrea Bocelli.

"Grillo è uno che vale Benigni, dal punto di vista degli incassi. Nel suo genere è paragonabile a Ligabue. E non ha un cachet, come gli altri artisti: lui in genere viaggia a percentuali sul biglietto d'ingresso, e non tutti possono pretendere tali contratti. Quello che posso dire è che ha lasciato soldi per strada e, sicuramente, tanto pubblico. Non vale più quello che valeva cinque anni fa".

Una cifra verosimile (le oscillazioni possono essere di poche migliaia di euro) quella di 25.000 euro a sera. 160 serate in un anno fanno 4 milioni di euro. Quello che Grillo guadagnava quattro anni fa dagli spettacoli. "Oggi è inferiore", dice, "su questo non c'è dubbio. Ma ripeto: ha rinunciato a cifre enormi da quando si è buttato anima e corpo in questa cosa qua".

Questa cosa qua è la politica, ovvio. Il Movimento Cinque Stelle di cui è leader e proprietario del marchio insieme a Gianroberto Casaleggio. Lo stesso ritornello Grillo lo ha riproposto nelle sue passeggiate romane in questi giorni: "Cerchiamo di vincere o continuate senza di me". Una due giorni romana che neppure parente alla lontana di quella degli altri leader politici. Grillo si è visto a cena lunedì con tre persone dello staff comunicazione, poi hanno passeggiato per il centro di Roma. Salotti? Neanche l'ombra.

Metti Grillo in un salotto (o una terrazza) e chissà quello che ne esce. Ha continuato a fare comizi: al ristorante, in piazza Navona, poi seduto sulla scalinata di Trinità dei Monti, dove lunedì è rimasto due ore, prima dell'ultima tappa per un gelato. Con un imprevisto: il set di Carlo Verdone. La troupe girava nella zona del Colosseo, sotto l'assedio dei curiosi. Grillo ha fatto per avvicinarsi, ma non c'è stato nulla da fare: "Volevo salutarlo, ci conosciamo da anni, l'ambiente è quello". Non ce l'ha fatta.

Mercoledì sera, invece, è andato cena insieme a Sabina Ciuffini, la prima valletta parlante della televisione italiana, Lascia o raddoppia, tivvù ancora in bianco e nero, conduttore il mitologico Mike Bongiorno. Vecchia amicizia, anche quella. "Questo è il mio ambiente", ha detto ai collaboratori del Movimento, "la politica è una parentesi, una lunga parentesi. Ma io da lì arrivo e lì voglio tornare. Questo Paese per svegliarsi dal torpore ha avuto bisogno di un comico. Siamo messi così. Chiediamoci i motivi, ma la realtà è questa. Perché voi siete consapevoli che l'Italia ha avuto bisogno di un comico?".
Sicuramente è stata la trasferta romana più lunga. Poi, quasi un sospiro, "ma per favore non trascinatemi più alla Camera e al Senato, io in quelle stanze non mi trovo per niente, fatemi parlare, ma fuori dai quei palazzi".

per i minori di 45 anni: ecco chi è Sabina Ciuffini, mia intervista a lei su Grillo

martedì 29 ottobre 2013

Lerner: M5S primo partito alle europee


da Repubblica di martedì 29 ottobre 2013

di Gad Lerner

Non a caso Beppe Grillo scatena oggi un attacco diretto al presidente della Repubblica: attraverso un duello personale con Napolitano, individuato come il garante della stabilità del nostro sistema di fronte all’establishment dell’Unione europea, il capo dei 5 Stelle punta a amplificare la parola d’ordine su cui ha convocato per il 1 dicembre a Genova il suo terzo Vday: “L’Italia non deve più versare il suo tributo di sangue all’Europa”. Quel giorno prenderà il via una campagna elettorale il cui scopo è fin troppo chiaro: trasformare in plebiscito no-euro l’ostilità abbattutasi un po’ dappertutto sull’Ue; e liquidare come velleità riservata ai benestanti gli ideali della sinistra europeista. Napolitano è il bersaglio ideale di questa offensiva.


Il manifesto di convocazione del Vday si chiude con l’indicazione di questo obiettivo: “Vogliamo vincere le prossime elezioni, a iniziare da quelle europee”. Non si tratta di una boutade, ma di un calcolo fche tiene conto anche del sistema proporzionale con cui si voterà nel maggio 2014. Grazie ad esso, vi sono ragionevoli possibilità che una campagna elettorale impostata sulla contrapposizione “Europa sì- Europa no” veda imporsi come partito di maggioranza relativa la formazione grillina. Che confida di avere buon gioco nell’indicare il governo delle larghe intese, e la sua sudditanza ai diktat di Bruxelles, come i responsabili della crescente sofferenza sociale.


La stessa contrarietà dichiarata da Grillo all’abrogazione del reato di immigrazione clandestina, conferma questo suo proposito: vuole assecondare la sindrome da invasione straniera, impersonata altrove dai partiti populisti e xenofobi antieuropei, per offrirsi così come punto di riferimento all’elettorato di destra in libera uscita. Punta anche lì a fare il pieno di voti. Ma ben oltre tale corrività strumentale, il progetto di Grillo è ambizioso: esso mira infatti a una clamorosa bocciatura per via elettorale di quegli “stupidi” parametri con cui, vent’anni fa a Maastricht, si diede vita a una Unione prima finanziaria e monetaria che politica; parametri inaspriti ulteriormente, sotto i colpi della recessione, con i vincoli di bilancio pretesi dalla cancelleria di Berlino e con il rubinetto della liquidità creditizia gestito dalla Banca Centrale di Francoforte.

Grillo sa di riscuotere vasto consenso quando parla di “tributo di sangue” imposto dall’Europa all’Italia. Nella sua propaganda, “Imu, Iva, Tarsu, Tares, Trise sono il frutto della religione dell’austerità”. Poi, nel 2016, entrerà in vigore il Fiscal Compact, col quale “siamo condannati a trovare ogni anno 50 miliardi per i prossimi vent’anni”. Senza peraltro che ciò garantisca il ripianamento del nostro debito pubblico.

Ecco l’argomento anti-Ue grazie a cui Grillo confida di imporsi come maggioranza relativa in Italia: le enormi cifre che l’Europa ci impone di versare, da sole “basterebbero a riavviare la nostra economia e a fare del nostro paese uno Stato florido”. Dunque l’Europa sarebbe un impedimento anziché la levatrice della nostra rinascita.


Demagogia? Non c’è dubbio, ma efficacissima. Tanto più se la mettiamo a confronto con la confidenza sfuggita alla Sorbona di Parigi, venerdì scorso, al nostro primo ministro Enrico Letta: “Dirò qualcosa di impopolare, ma se non avessi avuto lo scudo comunitario, non avrei potuto dire no a chi in Italia faceva pressione per aumentare il debito”.


Mi chiedo se, oltre che “impopolare”, quella di Letta non sia anche una dichiarazione d’impotenza. Lo stesso argomento, peraltro, fu usato in pubblico da Berlusconi nell’estate 2011, quando si rallegrò di aver ricevuto per lettera dalla Bce l’imposizione di provvedimenti che il suo governo altrimenti non sarebbe stato in grado di varare
.

Qualora la contrapposizione rimanesse così brutalmente semplificata –da una parte Grillo che propone la sconfessione dei trattati europei; dall’altra il governo che si trincera dietro lo “scudo comunitario” pur di non rivedere i vincoli di bilancio- temo che l’esito delle elezioni europee sia segnato: col partito dell’austerità destinato alla sconfitta, Renzi o non Renzi. Più difficile è immaginare quali effetti traumatici sortirebbe, su tutta l’Unione, la vittoria di un movimento antieuropeo in un grande paese come Italia.

E’ per questo che oggi appare così drammatica l’irrilevanza cui sembra condannato il progetto sociale e politico di una sinistra europeista. Viviamo un passaggio storico cruciale in cui sembrerebbe che l’Europa dei cittadini indebitati, dei giovani disoccupati, del ceto medio impoverito, del Quinto Stato in cui confluiscono milioni di lavoratori parasubordinati, autonomi, precari, possa trovare solo nel populismo nazionalista uno sbocco politico al suo malessere.

Non solo. Viviamo anche un passaggio generazionale. Dopo l’europeismo dei padri fondatori, dopo la visione sociale di Delors e Prodi, dopo il cosmopolitismo sessantottino dei Cohn-Bendit, Langer, Fischer, Michnik, è come se ci fosse un vuoto di cultura della cittadinanza e del comune destino europeo. Ancor più evidente in Italia.


La personalità più riconosciuta sul piano continentale della sinistra italiana, Giorgio Napolitano, nella sua veste di garante istituzionale, è divenuto il principale interlocutore dei partner dell’Unione, e come tale appare proteso in un faticoso impegno di salvaguardia degli architravi comunitari vacillanti, che non offre margini di manovra. Non a caso privilegia il rapporto con il governatore Draghi. 

Ma nel frattempo chiunque da sinistra, con finalità di giustizia sociale, adombri una revisione dei trattati e un allentamento della politica di bilancio, rischia l’accusa di sovversivismo. Neanche l’appello del Gruppo Spinelli del Parlamento di Strasburgo, primi firmatari Daniel Cohn-Bendit e Guy Verhofstadt, “per una rivoluzione post-nazionale in Europa”, ha finora trovato sostenitori in Italia. Esso afferma che “gli Stati nazionali hanno avuto un ruolo molto importante nella civilizzazione europea ma adesso sono superati”. Contrappone al nazionalpopulismo dilagante l’attualità degli Stati Uniti d’Europa. Individua nella Grecia e nel suo dramma l’epicentro su cui rifondare una nuova comunità di destino europeo. Qualcuno gli darà retta?

Sarebbe prezioso che in campagna elettorale emergesse una visione europeista disincagliata dai parametri di Maastricht e dal Fiscal compact: unica vera alternativa al catastrofismo no-euro di Grillo, nutrito dai fallimenti di una tecnocrazia che s’illude ancora di trovare riparo dietro allo “scudo comunitario”.

giovedì 24 ottobre 2013

"Tributo di sangue all'Europa"

http://www.beppegrillo.it/2013/10/il_tributo_di_sangue_alleuropa.html?s=n2013-10-24

24 ottobre 2013
Oggi è iniziata la campagna elettorale per le Europee. Sul blog di Grillo appare questo testo, che nel titolo usa la parola "sangue". Quindi il M5s vuole uscire al più presto dall'Europa e dall'Euro: chi vorrebbe stare in un posto dove succhiano il sangue?
Ancora una volta, Grillo e Casaleggio decidono la linea del M5s da soli, senza alcun dibattito con la base (m.s.)

"IMU, IVA, TARSU, TASI, TARES, TRISE: termini ostici che il cittadino fatica a comprendere appieno. Eppure è su questi che si concentra la battaglia politica ed è su questi che si accendono continuamente i riflettori dei media. Ma ci sono altri termini, poco immediati, che nessuno conosce: in confronto ai primi hanno un impatto sulla nostra economia superiore anche di cento volte. Tuttavia, nessuno ne parla. Vengono nascosti nelle ultime pagine dei giornali e vengono trattati dal Parlamento senza che trapeli una sola discussione, una sola spiegazione, senza che vi sia apparentemente nessun confronto politico, né acceso né tenue. Sono contenuti nel dizionario di Bruxelles, quello del "Ce lo chiede l'Europa". Si chiamano MESLTROFiscal CompactRedemption Fund... Sono il frutto della religione dell'austerità, valgono centinaia di miliardi di euro, sottraggono ogni residuo di sovranità agli Stati che li fanno propri e condannano i governi a non poter investire nella spesa sociale e nell'economia reale.

Grazie al Fiscal Compact siamo condannati a trovare ogni anno 50 miliardi, tra tasse e tagli, per vent'anni. Grazie al MES abbiamo già pagato 15 miliardi di euro (che ora una organizzazione privata sta paradossalmente investendo in titoli tedeschi, finanziando l'economia di chi ci chiama "maiali") e ci siamo indebitati per altri 125 miliardi, solo per "tranquillizzare" i detentori esteri dei nostri titoli di Stato.
Cifre da capogiro, che da sole basterebbero a riavviare la nostra economia, a ridare fiato alle nostre imprese, a fare del nostro Paese uno Stato florido, a rendere inutili per qualche anno tasse come l'IMU e l'aumento dell'IVA. Eppure nessuno sa cosa siano. Nessuno ne è stato informato. Ogni dibattito è stato precluso. Abbiamo firmato assegni in bianco, che i destinatari possono compilare con qualunque cifra a piacimento, ma l'opinione pubblica viene costantemente dirottata altrove: ci costringono a fissare le briciole mentre il grosso della pagnotta viene divorata altrove.
Abbiamo fatto un giro per le strade per verificare quanto i cittadini ne sapessero di MES e Fiscal Compact. Il risultato (sconfortante) è quello che potete vedere nel video.
Di seguito, un breve compendio di facile comprensione. Imparatelo almeno voi.
MES - Meccanismo Europeo di Stabilità
Altrimenti detto Fondo Salva Stati. E' un trattato approvato nel luglio 2012, di cui i media hanno dato notizia con 5 righe e mezza a pagina 7 del giorno dopo, che ci ha impegnati a versare 15 miliardi di euro a un'organizzazione con sede a Lussemburgo a titolo di anticipo (finiti a finanziare il welfare tedesco), che ci ha inoltre impegnati a versare altri 125 miliardi di euro in caso di aggravamento della crisi, che ci ha poi impegnato a indebitarci illimitatamente, a discrezione del consiglio direttivo di un'organizzazione finanziaria sulla quale il nostro Parlamento, presente o futuro, non ha alcun controllo e neppure la facoltà di leggerne la produzione documentale interna. E in caso di necessità, ovvero nel caso chiedessimo di essere "salvati"? Il MES servirà unicamente a concederci il beneficio di poterci indebitare ulteriormente, prendendo a prestito soldi a tassi di mercato. Un'assicurazione, insomma, che prevede un premio ma che, in caso di sinistro, anziché pagarti i danni, ti dà il permesso di fare nuovi debiti per retribuire il carrozziere. 
Il MES è stato già giudicato incostituzionale dalla Germania, che ha così modificato il trattato rispetto a quello ratificato da noi (rendendo i conferimenti in denaro non più automatici ma dipendenti da una determinazione del Parlamento e autorizzando il Parlamento stesso a leggere i documenti prodotti a Lussemburgo). Il che rende conseguentemente il MES incostituzionale anche per noi, giacché rappresenta una limitazione di sovranità che avviene non più in condizioni di parità con gli altri stati membri, così come disciplina l'art. 11 della nostra Costituzione. Ma chissà: cambieranno anche quello (o quel che ne resta)?
Fiscal Compact
E' un trattato che introduce meccanismi di stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria, e che mira "a salvaguardare la stabilità di tutta la zona Euro". Il "patto" prevede che i Paesi che detengono un debito pubblico superiore al 60% del PIL rientrino entro tale soglia nell'arco di 20 anni. Siccome il nostro debito pubblico è superiore del 120% al nostro Pil, noi dovremo rientrare in vent'anni del 60%. Si parla di tagli o nuove tasse per 50 miliardi all'anno, giacché con il Pareggio di Bilancio, parte dello stesso trattato di stabilità (inserito nella Costituzione con una modifica trasversale e silenziosa all'articolo 81 avvenuta nell'aprile del 2012), non è possibile finanziare lo stato sociale o l'economia senza assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio. 
Anche il Fiscal Compact, secondo giuristi noti come l'ex Ministro delle Finanze Giuseppe Guarino, non sarebbe applicabile, poiché in contrasto con il Trattato sull'Unione, che recepisce il Trattato di Lisbona, il quale recepisce a sua volta il Trattato di Maastricht che fissa al 3% il parametro del deficit di bilancio. Nello stesso trattato che istituisce quello che in gergo viene appunto denominato "Fiscal Compact", si asserisce infatti chiaramente e in più punti: "il presente trattato si applica nella misura in cui è compatibile con i trattati e il diritto europeo". Lo stesso Guarino definisce quindi il Fiscal Compact "frutto di trucchi, imbrogli, arbitri e illegalità"." M5S Senato

Aspettando Godot

http://pasquale1.wordpress.com/2013/10/23/aspettando-godot-il-portale-grillino-di-democrazia-diretta-che-non-arrivera-e-le-sue-possibili-disastrose-conseguenze/


 il portale grillino di democrazia diretta che non arriverà e le sue possibili disastrose conseguenze.

Attivistiiiii...tiè!!!
Attivistiiiii…tiè!!!
La messa in opera della piattaforma di condivisione di idee e strumento per votare le proposte, era il caposaldo finale per  fare diventare adulto il M5S, nonché per consolidare del lavoro di anni ed anni di moltissimi attivisti in tutt’Italia. Il giro di boa necessario per il definitivo salto di qualità, il mantra finale che tutti aspettavano come l’arrivo del messia.
Da sempre promesso e più volte rimandato, il famoso “portale” di democrazia diretta, è stato definitivamente annullato con un semplice post, delegittimando e sconfessando centinaia di attivisti che avevano lavorato e speso soldi su questo progetto.
Grillo e Casaleggio se la sono cavata in poche righe, stracciando anni di speranze di avere finalmente un  movimento davvero serio e democratico. Le loro vere intenzioni egemoniche e dittatoriali sono venute fuori in maniera palese.
Questo spartiacque segna l’avvio dell’implosione del M5S e della sua definitiva disfatta. Già in molti denotano palesi segni di nervosismo a riguardo.
Finora il M5S ha usufruito di un’apertura di credito a gratis, fatta di impegno degli attivisti per portare voti e consenso, in cambio di un partito politico davvero democratico. Ora gli stessi attivisti ed ancor di più gli elettori, vorranno passare all’incasso e troveranno ben poco oltre ai soliti slogan ed alla solita demagogia che ha stufato tutti.
Non si può vivere del consenso che deriva solo dalla disfatta degli altri. Perché gli altri, alla fine, il consenso lo ottengono lo stesso nonostante tutto.
Questa storia della cassazione della piattaforma ha deluso definitivamente tanti attivisti. Si è voluto tirare troppo la corda dando ascolto solo a “yes man” e baciapile vari che godono del consenso e del supporto della pancia peggiore del movimento.
Ora la corda della fiducia si è spezzata in maniera serissima e sarà dura per il duo delle meraviglie continuare a prendere in giro attivisti ed elettori.
Pasquale Caterisano

Bologna: scontro nel M5s

Bologna M5s, nuovo scontro: “Qui il Movimento è morto. Ora siamo un partito”

Riesplode la faida interna che divide gli attivisti del capoluogo dell'Emilia Romagna. Al centro della disputa c'è la chiusura del forum privato listabeppegrillo.it, luogo di discussione tra gli iscritti fin dalla sua fondazione


di Giulia Zaccariello
Il Fatto Quotidiano, 23 ottobre 2013
Riesplode ancora una volta la faida interna, che da mesi divide il gruppo di attivisti del Movimento 5 stelle di Bologna. Questa volta al centro dello scontro c’è la chiusura del forum privato listabeppegrillo.it, luogo di discussione tra gli iscritti fin dalla fondazione del Movimento di Beppe Grillo, e da molti considerato come una sorta di memoria storica dei 5 stelle. 
Le parole più dure arrivano dal consigliere del quartiere Navile di Bologna, Michele Onofri, che sulla sua pagina Facebook pubblica una lettera aperta, puntando il dito sui due consiglieri comunali, Marco Piazza e Massimo Bugani: “Prendo atto che il meetup 14 è morto, e con esso il movimento di Bologna, che è diventato un partito, perché nei partiti decide tutto il segretario e il comitato centrale, il dissenso va combattuto, la disciplina di partito va fatta rispettare, i non allineati vanno trattati come nemici, le critiche vanno criminalizzate la diversità delle idee va ridotta a un pensiero unico”.
Così dopo essere stato teatro dei primi successi elettorali e delle prime espulsioni eccellenti, come quella del consigliere regionale Giovanni Favia cacciato con un post sul blog di Grilo, il capoluogo emiliano si conferma terreno di battaglie interne che spaccano in due elettori ed eletti dei 5 stelle. 
Le discussioni ruotano sempre agli stessi nodi irrisolti: la mancanza democrazia interna, il rapporto tra base e vertici, e la condivisione di tutte le decisioni con gli attivisti. Temi che ritornano come mantra: “A Bologna – scrive ancora Onofri – i cittadini che si riconoscono nel Movimento 5 stelle non possono più esercitare un potere dal basso perché decide tutto lo staff dall’alto”.
Risultato di questo strapotere, secondo Onofri, è anche la soppressione del forum online, su cui fino a qualche giorno fa si confrontavano gli iscritti. “La memoria storica del Movimento di Bologna è stata cancellata assieme al forum, dove fino a sei mesi fa si affacciava per votare a mezzanotte gente, che poi sconfessava la stessa assemblea di cui voleva eleggere i vertici”.
Il consigliere si rivolge poi direttamente agli eletti nel consiglio comunale, di Bologna, Marco Piazza e Massimo Bugani, considerati fedelissimi al duo Grillo-Casaleggio. E lancia accuse durissime: “Di fronte alla scelta tra il simbolo e i cittadini qualcuno ha voltato le spalle ai cittadini per tenersi il simbolo, e in questo vi riconosco il perfetto adeguamento alla politica tradizionale”. Con questi presupposti, conclude, “Bologna rischia di essere una avanguardia nel crollo del Movimento per la vostra sudditanza allo staff, così come è stata avanguardia nell’ascesa del movimento per la nostra sovranità di liberi cittadini, una sovranità che avete esercitato con coraggio e trasparenza quando a Bologna comandava ancora un’assemblea di centinaia di bolognesi e non uno staff di pochi mila-genovesi”.

Bordin, Lerner: "In alto i cuori"

http://www.ilfoglio.it/bordinline/261
http://www.gadlerner.it/2013/10/23/da-dove-viene-il-nuovo-motto-di-grillo


23 ottobre 2013

Sono un lettore attento dei comunicati del Movimento cinque stelle e in particolare di quelli di Beppe Grillo. Non lo dico per vantarmi, mi pagano anche per questo. Da un po’ di tempo avevo fatto caso che al termine dei proclami era sempre inserito uno slogan, un motto per incitare alla mobilitazione. Tecnica antica, un po’ retrò, se si vuole, ma che funziona sempre. “Al lavoro e alla lotta!”, si concludevano così i comizi del vecchio Pci e come lo diceva Occhetto, nessun altro. Oppure “Hasta la victoria siempre!” in calce al pamphlet di Che Guevara “Creare due, tre, molti Vietnam”. Ovviamente non solo a sinistra si usa questa tecnica. Nella messa in latino, al momento più solenne, l’officiante dice “Sursum Corda” ma non credo che Beppe Grillo sia un cultore della messa all’antica, e forse nemmeno del latino. Per questo quando ho visto che i suoi proclami si concludono da un po’ con il motto “In alto i cuori” non ho pensato alla messa ma a qualcosa di politico che però non mi veniva in mente, c’era solo un vago ricordo di risse universitarie. Così ho controllato. E’ il titolo italiano dell’inno delle Camicie Brune. “In alto i cuori, in alto i gagliardetti/ serriamo i ranghi è l’ora di marciar” eccetera. Mi sono informato meglio e ho trovato conferma che l’inno era in voga in anni passati. Chi l’avrà suggerito al “dottor Gribbels”? In ogni caso ho capito perché dice che se non ci fosse stato il M5s ci sarebbe stata Alba dorata. Si vede che qualcuno aveva già avuto la stessa idea.
di Massimo Bordin   –   @MassimoBordin

archivio articoli


settimanale Il Mondo (gruppo Rcs, Rizzoli-Corriere della Sera):

settimanale Oggi (gruppo Rcs, Rizzoli-Corriere della Sera):


Oggi 2013
21) http://maurosuttora.blogspot.it/2013/05/roberta-lombardi-e-vito-crimi.html
22) http://blog.oggi.it/mauro-suttora/2013/06/20/incredibile-la-moglie-di-vespa-multa-un-grillino-6-400-euro-per-une-mail/
23) http://maurosuttora.blogspot.it/2013/07/al-mare-con-grillo.html
24) http://maurosuttora.blogspot.it/2013/07/il-cittadino-grillo-in-moto-sul.html
25) http://maurosuttora.blogspot.it/2013/10/grillo-e-stufo.html
26) http://blog.oggi.it/mauro-suttora/2013/12/01/meglio-paola-taverna-o-ruby/

Oggi 2014
1) http://maurosuttora.blogspot.it/2014/01/politici-nuovo-stile-povero.html
2) http://grillologia.blogspot.it/2014/01/paola-taverna-stella-5-stelle.html 

Sette (settimanale del Corriere della Sera):

cos'è grillology

La Grillologia ormai è diventata una scienza (non esatta). Il primo (o secondo, o terzo) partito italiano viene studiato da decine di giornalisti, politologi, sociologi. Centinaia di articoli, inchieste, libri, programmi tv. E milioni (forse miliardi) di post online.

È giusto che sia così, perché è un fenomeno unico al mondo. Non era mai successo che un partito sorto dal nulla conquistasse il 25% dei voti alle prime elezioni cui ha partecipato.

Ho scritto il mio primo articolo su Grillo politico nel 1998. Il primo sui grillini nel 2007, dopo il Vaffaday #1. Da allora, decine. E ne conservo centinaia scritti da altri. Li metto a disposizione di tutti.

ps.: mi considero un discreto grillologo. Anche grillofilo, perché partecipo alla vita del M5s (Movimento 5 stelle) dal 2007 (meetup di Roma). Dal 2010 abito a Milano, e come racconto in questo articolo continuo a seguirlo dall'interno.
La mia è ovviamente un'adesione critica. Il tifo lo lascio allo sport. Quindi a volte sono anche grillofobo.    

sabato 19 ottobre 2013

Breve storia di un nonsenso

http://www.ilfoglio.it/soloqui/20276

Indagine su “cittadini” al di sotto di ogni aspettativa

Grillo, breve storia di un nonsenso

Il comico e i Cinque stelle: i sondaggi reggono, ma la storia è quella di un incredibile spappolamento

di Marianna Rizzini

Il Foglio, 19 ottobre 2013

Buttare l’oro della cassaforte nel cassonetto, dare un calcio al mondo che avevi sotto i piedi: una cosa così. Chi sia l’oro e chi sia il mondo in questa storia non si sa, dipende dai punti di vista, ma al momento non si può far altro che allargare le braccia e dire: mah. Mah di fronte all’incredibile e triste storia non “della cándida Eréndira e della sua nonna snaturata”, come diceva Gabriel García Márquez, ma di Beppe Grillo e della sua creatura, il Movimento cinque stelle. 
Un racconto epico-grandguignolesco (così pareva) trasformatosi in una cronaca a corrente alternata di uno spappolamento, di un reciproco sputare nel piatto e di un nonsense: Grillo lancia nuovi V-day e campagne europee, i sondaggi reggono, sì (il M5s resta attorno al venti per cento) ma reggono cosa? Se regge Grillo, non è detto che sotto Grillo sia rimasta la terraferma. Se regge il Movimento, non è detto che sopra le teste degli eletti e degli elettori sia rimasto Grillo: un eterno quadro di Magritte (per fare un complimento) lanciato verso il nulla. I parlamentari di Grillo dicono a Grillo che non ci vanno, stavolta, in agriturismo, a ricomporre i cocci della lite sull’immigrazione. 
Potrebbe essere un altro argomento: Grillo è sempre uguale a se stesso ma i grillini sono improvvisamente desiderosi di tornare quelli che erano, ex elettori di sinistra stufi della sinistra oppure terzomondisti ondivaghi per un po’ conquistati dal comico carismatico (e pazienza per la posizione già espressa da Grillo sugli immigrati) oppure ex conservatori che hanno visto che nel mondo (e chez Boldrini) si porta di più il pensiero unico su temi cosiddetti “sensibili” – e allora come si fa a farsi rappresentare da quel leader che sbraita e vuole espellere i dissidenti come i clandestini. 
“Non ci veniamo”, gli hanno detto, abbiamo altri impegni, non ci va di intrupparci in torpedone sul Raccordo anulare (a saperlo potevano rientrare nel parco-personaggi di “Sacro Gra”, documentario vincitore al Festival di Venezia). Quel “no” è il dispetto, la pernacchia neanche tanto ironica di chi fino a ieri faceva della segretezza posticcia dei luoghi d’incontro voluta da Grillo e Casaleggio (la villa da matrimoni alle porte di Roma dove rinchiudersi con menù fisso di pennette tricolore) il simbolo di una “diversità” tanto celebrata quanto impraticabile.
“Il rischio è che si stanchi prima lui di loro”, dice Elisabetta Gualmini, presidente dell’Istituto Cattaneo, professore di Scienza politica all’Università di Bologna e coautrice con Piergiorgio Corbetta, a inizio 2013, del saggio “Il partito di Grillo” per il Mulino. “Nell’ottica del partito personale”, dice Gualmini, “gli eletti di Grillo appaiono un po’ sprovveduti, come se non sapessero che cosa hanno scelto e firmato prima”. 
Sugli ex grillini, d’altronde, pende una specie di dannazione: evaporano, puff, per quanto consenso avessero raccolto nelle vesti di grandi offesi dal despota che caccia. Ma anche prima di essere cacciati erano a un passo dalla scomparsa (nell’irrilevanza), al pari dei non cacciati: Grillo li sopporta e li capisce a stento, loro sopportano e capiscono a stento Grillo. 
Il risultato, dice Gualmini, “non cambia in termini di consenso, per le europee vedo una partenza roboante, anche perché il M5s è tenuto in piedi dalle larghe intese, dal malcontento generato dal governo Pd-Pdl. Ma non possono continuare, i Cinque stelle, a nascondere la propria incapacità di decidere dietro al refrain ‘la parola alla rete’. Dopodiché è vero che c’è un gap tra classe politica grillina, posizionata a sinistra, e base grillina, amalgama di disillusi di ogni polo, compresa la destra post-ideologica”.
Ma anche se Grillo non molla, anche se non segue la tentazione di tornare a fare l’attore nei palasport della gloria, laddove non lo aspettano applausi sempre più flebili e lanci occasionali di uova (metaforicamente, è quello che gli accade oggi), non è detto che Grillo resista nella forma attuale. “Verrà mangiato dal movimento, assorbito dai grillini”, dice al Foglio l’amico Oliviero Toscani, tuttavia “ancora ottimista” sull’esito finale di questo “normale travaglio”. Per Toscani “i consensi cresceranno, e crescerebbero di più se Grillo si presentasse in tv, dove già i più rompicoglioni tra i suoi, tipo il giovane Luigi Di Maio, danno l’idea che esista qualcosa oltre le opposte tifoserie di berluscoidi e non”.
Resta l’impressione di un gigantesco sfaldamento, di un’implosione, di uno spreco mai visto (venticinque per cento buttato a casaccio tra Camera e Senato), della fine dell’incantesimo (Grillo ordinava “chiudete gli ombrelli” in piazza, e tutti li chiudevano), con la carrozza che torna zucca e il trucco che cola sulla maschera dell’attore annoiato mentre l’intonaco si scrosta sulle pareti del suo “palazzo”. L’attore è umorale, bambinesco, fragile, imprevedibile. Sa che il pubblico è volatile. 
Si sono raffreddati, nel tempo, non solo Stefano Rodotà, poi gelato da Grillo con la frase “ottuagenario miracolato dalla rete”, ma anche i “beautiful” che prima consigliavano a Grillo di diventare quello che non era, un politico che negozia (sono rimasti male, infatti, Fiorella Mannoia, Sabina Ciuffini, Gino Paoli e forse pure Adriano Celentano). E già era un nonsenso tutto quell’affollarsi, sulle pagine di Repubblica, di illustri amici che provavano a tirare fuori da Grillo tutto ciò che Grillo non aveva fin dall’inizio. 
Ancora più assurda appare l’immagine finale: quella di gente arrivata al livello emerso del movimento tramite “parlamentarie” sul web (un video spesso comico, pochi clic e via) che, dopo mesi di Parlamento, vuole negare anche a se stessa di aver camminato con le proprie gambe ma con la testa di Grillo (per negarlo si sforza di mostrarsi impegnata, ragionevole. In dissenso, persino). Si sentono sconvolti e “addolorati”, gli eletti, come dicevano mesi fa alcuni attivisti romani, quando Grillo sputò sul sondaggio in cui la base consigliava ai rappresentanti locali del M5s di fornire a Ignazio Marino un nome buono per un assessorato. 
Che il progetto originario della ditta Grillo-Casaleggio non avesse previsto i casi particolari o che la disorganizzazione da successo abbia poi imposto il pugno di ferro, la frana è soprattutto psicologica: Grillo e i grillini sono ormai come i viaggiatori combinati a caso dai tour operator per single. Se ti va bene sei fortunato, sennò ti toccano quindici giorni in India con quelli lì (quello lì).
Grillo scomunica, Grillo striglia, Grillo parla tutti i giorni dal blog, ma a chi parla, Grillo? All’elettore, si dice. Ma pure quello chissà, magari è già tornato dov’era, sostituito da un altro elettore venuto da chissà dove. I sondaggi reggono, ma bisogna vedere come. Carlo Freccero, uomo di tv e semiologo, osservatore di lunga data del fenomeno Grillo, dice che “la zona di elettorato genericamente contro i partiti è talmente vasta che gli elettori si spostano e viaggiano alla velocità degli elettroni. C’è un continuo rimescolamento. Da chi è composto lo sciame, ora? Grillo è sempre in contatto con l’opinione pubblica, ma si assiste a uno strano caso: è come se la rete enfatizzasse il primato dell’opinione pubblica, come se la tv generalista continuasse a vincere su internet, come se Grillo usasse la rete in senso maggioritario – l’ha già fatto Silvio Berlusconi con televisione e sondaggi, solo che è il contrario di quello che Grillo voleva in partenza”.
Erano conquistati dalla forma, gli adepti e anche i neogrillini per vendetta, quelli che hanno votato Cinque stelle solo per dire “stavolta diamo una lezione al Pd”. Erano rapiti dall’involucro, dal Grillo che si incarnava sui palchi come forza sovrumana. Ma poi? Il nonsense sta anche in quell’energia inesplosa, intrappolata nei dettagli imposti da Grillo e Casaleggio, ripetuti a macchinetta dagli eletti e ora rifiutati dagli stessi eletti come fossero roba indecente mai vista prima. 
“La chiusura al mondo esterno che si è vista fin dall’ingresso in Parlamento”, dice Freccero, “è una contraddizione: la volontà di non-contaminazione contrasta con il principio dell’intelligenza collettiva della rete in cui i Cinque stelle dicono di credere. Aleggia su di loro il mito da ‘pianeta Gaia’ di Casaleggio, ma se una teoria e una mente ti sovrastano a tal punto, che intelligenza collettiva è? Così scompare la sintesi riuscitissima che abbiamo visto in Grillo, uno che poteva essere in empatia con le paure, i gusti e l’anima della provincia e al tempo stesso in ascolto rispetto alla rete”.
Forse i grillini eletti che bramano la metamorfosi in “parlamentare di buonsenso”, e gli elettori non rilevabili dai sondaggi, quelli fuggiti e rimpiazzati da altri “elettroni” anti partitici (poi si vedrà), si sono visti improvvisamente allo specchio, uno specchio che anche prima rimandava quell’immagine – la setta, Grillo, Casaleggio, i post con annesso diktat (“o così o fuori”), gli sforzi goffi per la manutenzione della setta, i video irresistibili per i profani, con Grillo infuriato di notte dal salotto di casa sua. Solo che prima tutti ci vedevano il paradiso, in quello specchio. 
E però “si è interrotto il flusso di comunicazione tra i quattro livelli del mondo a cinque stelle, in cui si va dal leader assoluto agli eletti agli attivisti agli elettori: Grillo si rivolge soltanto agli elettori, ex o potenziali”, dice Paolo Natale, docente di Scienza della politica presso l’Università Milano Bicocca, editorialista di Europa e coautore, con Roberto Biorcio, del libro “Politica a Cinque stelle” (uscito la primavera scorsa per Feltrinelli). “Le cose funzionavano finché Grillo, incoronato mentore dalla rete, si faceva megafono”, dice Natale, convinto all’inizio che l’ex comico “potesse anche essere garante di una crescita del M5s a livello parlamentare. Poi le micro conflittualità hanno preso il sopravvento, vuoi perché gli eletti avevano erroneamente pensato di potersi muovere in autonomia sul territorio, vuoi perché un successo di simile portata non era stato previsto da vertici che pensavano di fare opposizione dura, non di sentirsi chiedere ‘allora fate l’alleanza?’. A livello intermedio, invece, gli attivisti e gli eletti vedono i post sul blog di Grillo e dicono: ma che figura ci facciamo con gli elettori? Anche se in realtà gli elettori, a giudicare dai sondaggi, sembrano infischiarsene, di quello che dice Grillo. Il vero problema è la mancanza di un programma politico, di un progetto per il futuro”.
Gira che ti rigira, pure quelli che rivoterebbero M5s non sanno più che cosa c’è dentro al M5s. Grillo guarda con fastidio i suoi e i suoi guardano Grillo come fosse il parente fisso del pranzo domenicale. Eppure li aveva sollevati lui da un destino qualunque di indignati smanettoni del web, persone non più simili a lui e tra di loro degli elementi-campione di un sondaggio: un po’ operai, un po’ studenti, un po’ casalinghe, un po’ professionisti, un po’ disoccupati, un po’ nord e un po’ sud. E si pretendeva (lui pretendeva) di farli parlare con una sola voce (del web, per giunta). Se non è nonsense, è sortilegio di un attimo. Poteva riuscire, in quell’attimo, un anno fa, al Grillo-antropomorfo, mezzo uomo e mezzo pesce tra le onde dello Stretto di Messina. Ma vai a ricordarti, ora, la formula magica.