IL 5 STELLE BON TON PIEGA ANCHE GRILLO
Emergenti: chi è la promessa pentastellata che fa "ragionare" perfino il leader.
Per il troppo lavoro ha perso la fidanzata e continua a rimandare la laurea. Vicepresidente della Camera a soli 26 anni, Luigi Di maio ora tratta con Renzi e fa rientrare nel gioco il movimento
Oggi, 16 luglio 2014
di Mauro Suttora
A 26 anni Giulio Andreotti e Aldo Moro non erano neppure in
Parlamento. Bettino Craxi era solo consigliere comunale, Matteo Renzi un oscuro
segretario provinciale Ppi. E Silvio Berlusconi non aveva ancora visto un
mattone. Luigi Di Maio, invece, è diventato vicepresidente della Camera.
Se c’è un wonder boy della politica oggi in Italia, è lui. Undici anni meno
del premier, ma quanto a parlantina e aplomb gli tiene testa. Lo ha notato
l’Italia intera, quando il napoletanino del Movimento 5 stelle (M5s) ha
affrontato Renzi in streaming. Risultato: ora Beppe Grillo e Gianroberto
Casaleggio si fidano solo di Di Maio. Che così è diventato il numero uno del
secondo partito italiano.
Ci ha messo appena un’ora e mezza a far fare dietrofront
perfino al proprio capo. Grillo aveva di nuovo insultato Renzi: «ebetino», e
anche «ebetone». Lui si è messo al telefono, e pazientemente lo ha convinto: la
trattativa col Pd continua. Nessuno screzio fra i due, solo fiducia. «Imparo
sempre da Di Maio, anche quando sta zitto»: così, come sempre scherzando ma non
troppo, il fondatore dei 5 stelle lo aveva incoronato candidato premier prima
delle europee.
Poi il disastro, perso un voto su tre, e soprattutto Renzi
col doppio dei consensi: 40 per cento a 21. Allora Grillo e Casaleggio hanno
aperto furbi al Pd: «Facciamo insieme la riforma elettorale». Obiettivo: far
fuori Berlusconi e il suo patto del Nazareno con Renzi. Rimettendo in gioco i
sei milioni di voti del M5s, finora congelati in un’opposizione dura ma con
pochi sbocchi.
E chi meglio del genietto di Pomigliano d’Arco come volto
della svolta costruttiva?
Di Maio ha un padre impresario edile nonché, come il collega
Alessandro Di Battista (il suo opposto: esagitato ed esagerato), fascista:
prima Msi, poi An. Lui, invece, è troppo giovane per non essere vergine. Mamma
Giovanna è prof di italiano e latino allo scientifico.
Come Renzi, ha cominciato a «rompere le balle» già al liceo. E
ha continuato da capetto anche all’università di Napoli: fonda una lista,
diventa subito presidente pure lì: del consiglio degli studenti. Oltre a
consigliere della facoltà di Legge.
Fanatico dei computer, segue Grillo dal primo Vaffaday del
2007. L’impegno politico gli fa perdere due cose: la laurea (è ancora
fuoricorso, ora vuole recuperare online) e la fidanzata (troppo indaffarato,
ora pare pratichi l’endogamia con la pentastellata Silvia Virgulti, bella tv
coach che gli ha insegnato a ben figurare sullo schermo).
Trombato alle comunali nel 2010 (neppure papà votò per lui,
59 preferenze), due anni dopo alle primarie per diventare deputato gli bastano
189 voti. E pochi minuti per convincere gli altri cento deputati 5 stelle,
digiuni di politica, a designarlo vicepresidente della Camera.
Dopo un anno molti, anche negli altri partiti, lo
preferiscono alla presidente Laura Boldrini. Ineccepibile, autorevole,
equilibrato, ha imparato a memoria il regolamento e infligge espulsioni: su
tredici deputati che ha fatto cacciare dall’aula, ben otto sono grillini. Altro
che salire sui tetti.
Ciononostante è amato (o almeno non detestato) anche dai 5
stelle oltranzisti. La pantera 45enne Paola Taverna gli è affezionata:
«Però col Pd dev’essere meno moscio, sennò sembriamo Fantozzi». Il senatore
Michele Giarrusso lo stima ma scherza agrodolce: «La trattativa Renzi-Di Maio?
Facciamo giocare un po’ i ragazzini, in realtà il Pd non è cambiato».
Lui procede imperterrito, come quei partenopei più severi e
disciplinati degli svizzeri. Mai una parola fuori linea, mai una virgola non
sintonizzata col vertice Grillo&Casaleggio. Ma riesce anche a non apparire
pedissequo. Con i proconsoli onnipotenti del gruppo Comunicazione, veri
guardiani dell’ortodossia (l’ex Grande Fratello Rocco Casalino e l’ex
assistente della Taverna, Ilaria Loquenzi), dirige di fatto il M5s. Il cui
slogan era «Uno vale uno». Ma Di Maio ora vale tanto.
Mauro Suttora