venerdì 15 novembre 2013

Paola Taverna e malattie rare neonati

Per tutti i neonati

Screening neonatale per la prevenzione delle malattie rare: una proposta contro le discriminazioni dei sistemi sanitari regionali

20 novembre 2013
dalle ore 16 alle 17.30
Sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama, Roma

intervengono le senatrici Paola Taverna (M5s), Emilia Grazia De Biase (Pd), Laura Bianconi (Pdl)
e i Prof. Bruno Dallapiccola, Dott.ssa Manuela Pedron, Dott. Giancarlo La Marca, Dott. Francesco Macchia

Con il prelievo di una sola goccia di sangue possono essere salvate molte vite. Ma in Italia solo poche regioni garantiscono lo screening.
Il Movimento 5 Stelle ha presentato un disegno di legge per rendere la diagnosi precoce un diritto per tutti i neonati italiani.

Una gravidanza normale, la nascita di un neonato apparentemente sano, le dimissioni dall’ospedale; poi, più avanti nel tempo, i primi sintomi, le corse da un ospedale all’altro in cerca di risposte, il progredire dei segni di una malattia spesso invalidante, in alcuni casi fatale.
La maggior parte delle volte la causa è una malattia metabolica rara, difficile da prevedere ma potenzialmente facile da individuare nelle prime ore di vita del neonato.

La differenza tra la salute e la disabilità, o anche tra la vita e la morte di questi neonati, può essere fatta dallo screening neonatale (newborn screening), un esame semplice e non invasivo che permette oggi di individuare precocemente oltre 40 possibili malattie rare e di mettere in atto strategie – spesso dietetiche, a volte anche farmacologiche – per evitare che si sviluppino gli effetti del male, non eliminandolo ma ‘neutralizzandolo’, del tutto o in gran parte.

Si tratta, dunque, di drammi evitabili. Ma cosa facciamo in Italia per evitarli davvero? Si potrebbe fare meglio, e come?
Su queste domande e intorno ad una proposta concreta, un Disegno di Legge già depositato in Parlamento, esperti, clinici e mondo politico si confrontano mercoledì 20 novembre al Senato, nel convegno “Screening neonatale per la prevenzione delle malattie rare: una proposta contro le discriminazioni dei sistemi sanitari regionali” organizzato dalla senatrice Paola Taverna, Capogruppo del Movimento 5 Stelle, con l’adesione della Sen. Laura Bianconi (Pdl) e della presidente della 12° Commissione permanente (Igiene e Sanità) Emilia Grazia De Biasi (Pd).

Alla conferenza, moderata da Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttore Osservatorio Malattie Rare, parteciperanno anche Manuela Pedron, Vicepresidente di Aismee Onlus – Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche; Giancarlo Lamarca, Direttore del Laboratorio di Screening Neonatale della Clinica di Neurologia Pediatrica del Meyer (FI); Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – Coordinatore Orphanet Italia e Francesco Macchia, Partner Nomos Laboratorio Politiche Sanitarie.

Le malattie metaboliche ereditarie si manifestano nei bambini nei primi anni di vita, ma possono esordire anche in età giovanile o adulta; sono gravi, progressivamente invalidanti e, se non riconosciute in tempo utile, possono provocare handicap fisici e mentali permanenti e morte precoce.
Tali situazioni potrebbero in buona parte essere evitate attraverso una pratica diffusa di screening neonatale, esame non invasivo effettuabile subito dopo la nascita che permette di identificare un ampio gruppo di malattie prima che queste si manifestino clinicamente.

In Italia l’articolo 6 della legge quadro 5 febbraio 1992 n. 104 ha introdotto lo screening neonatale solo per tre malattie: ipotiroidismo congenito, fibrosi cistica e fenilchetonuria.
I risultati sono stati ottimi. In questi 20 anni la medicina ha fatto enormi passi avanti. Oggi sarebbero molte di più le patologie screenabili, almeno una quarantina. Non essendoci un obbligo ad offrire l’esame a tutti i bimbi la palla passa però alle Regioni, che in Italia portano avanti politiche molto difformi, andando dalla Toscana che già dal 2004 attua uno screening metabolico allargato della massima ampiezza, fino a regioni che eseguono a malapena i test d’obbligo.

Questa situazione produce gravi discriminazioni nel diritto alla salute e alla vita: un neonato con la stessa patologia può essere salvato in alcune regioni e condannato alla disabilità o alla morte in altre.
Con il DdL “Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie metaboliche ereditarie”, presentato dalla senatrice Taverna e firmato da rappresentati di tutti gli schieramenti politici, si intende porre rimedio a questa situazione favorendo l’uniformità delle politiche nazionali e mirando a consentire la diagnosi di malattie per le quali è oggi possibile effettuare una terapia. Tale scopo è peraltro in linea con le 25 Raccomandazioni della Commissione Europea del maggio 2004, relativa alle malattie rare, che raccomandano che «gli Stati membri istituiscano in via prioritaria uno screening neonatale generalizzato per le malattie rare ma gravi, per le quali esiste una cura».

Spesso nella sanità ci si scontra con difficoltà legate ai costi e alla mancanza di fondi. Se adeguatamente fatto su scala nazionale lo screening neonatale è però assolutamente sostenibile.
Basta considerare che fra i difetti identificabili con questo esame c’è il deficit dell’enzima Mcad (medium chian acyl-CoA dehydrogenase), una delle possibili cause di morte improvvisa del lattante (Sids). Se non diagnosticato, un neonato con questo difetto può morire nei primi giorni di vita o rimanere in vita con danni neurologici permanenti.
In quest’ultimo caso i costi sanitari per il trattamento terapeutico e per il sostentamento alle famiglie può raggiungere anche centinaia di migliaia di euro all’anno per paziente.

Con lo stesso contributo economico si può effettuare lo screening di un’intera regione per tutti i difetti. Per questo motivo tutta la letteratura scientifica internazionale riporta che il solo screening per questa malattia giustifica lo screening allargato di popolazione neonatale.
Lo screening neonatale eviterebbe inoltre anche un lungo periodo di incertezza della diagnosi, con elevati costi umani e anche sanitari in termini di visite, indagini e ricoveri e cure inadeguate.

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