di Mauro Suttora
Oggi, 3 dicembre 2014
Con
Beppe Grillo non ci si annoia mai. Una mattina si sveglia e decide che avere
espulso un terzo dei suoi senatori in un anno e mezzo non gli basta. Decreta
che altri due deputati non avrebbero rispettato le regole del suo movimento sui
soldi da restituire, e ricomincia con le purghe. Quelli pubblicano su Facebook
le ricevute dei versamenti di metà del loro stipendio. Niente da fare.
La
sarda Paola Pinna ha osato donare qualche migliaio di euro alla Caritas di
Olbia dopo l'alluvione di un anno fa, invece di buttare i soldi in un
fantomatico conto ministeriale per le piccole e medie imprese che non ha ancora
erogato un centesimo. «Conflitto di interessi, voto di scambio!», tuonano sui
siti del Movimento 5 stelle (M5s) gli "influencer", fedelissimi della
società Casaleggio & Associati incaricatidi spargere il verbo. Come se la
Caritas fosse la mafia, che ricambierà il favore ricevuto dalla “furba” Pinna.
L'altro
reprobo è Massimo Artini, un toscano che appena un mese fa ha mancato per soli dodici
voti (44 a 32) l'elezione a nuovo capogruppo dei deputati 5 stelle. Un pezzo
grosso, quindi, con un largo seguito. Proprio come Luis Orellana, il senatore
che prima della cacciata a marzo era il candidato presidente del Senato del
movimento, e poi aveva perso di un soffio con Nicola Morra la guida del gruppo.
Insomma, appena rischia di emergere un non fedelissimo a Grillo e a Gianroberto
Casaleggio, loro inventano qualche scusa per farlo fuori.
I
processi sono una farsa. Anzi, non ci sono proprio. Tre millenni dopo Salomone,
i grillini non hanno ancora imparato che prima di giudicare bisogna almeno
sentire entrambe le campane. Il diritto alla difesa è sconosciuto in
Grillolandia. L'ex comico rovescia sul malcapitato di turno una valanga di accuse,
e subito dopo chiede agli iscritti di votare immediatamente sì o no all’epurazione
sul sito privato della Casaleggio & Associati. Senza preavviso.
Nessun
controllo esterno sulla regolarità del voto. Nessuna distinzione individuale
fra gli imputati, da condannare in blocco come infoibati legati fra loro col
fil di ferro. Nessun verdetto dell'assemblea dei parlamentari, come richiesto
dal regolamento. Si vota solo fino alle 19, e peggio per chi lavora o non sta
sempre appiccicato al telefonino. Giustizia-lampo. Il modello è l'ordalia
Gesù/Barabba. Ma loro lo chiamano «giudizio della Rete». Inappellabile.
Stessa
commedia il giorno dopo. Grillo decide di nominarsi cinque vice. Viola lo
statuto del movimento, scritto da lui nel 2009, che all'articolo 4 vieta i
dirigenti di partito: «Nessun organismo intermedio fra votanti ed eletti».
L'unico non campano è il romano Alessandro Di Battista, ex collaboratore della
società Casaleggio. Tutti deputati, nessun senatore.
Quota rosa per Carla
Ruocco, bella e borghesissima signora di Posillipo con erre moscia. Gradimento
della sua pagina Facebook (termometro della simpatia online): 36mila «mi
piace», contro i 185mila della popolana ma popolare Paola Taverna. Gli altri:
Luigi Di Maio, Roberto Fico (presidente della commissione Vigilanza di quella
Rai che il programma 5 stelle voleva invece privatizzare) e Carlo Sibilia, avellinese
complottista convinto che il club Bilderberg governi segretamente il mondo, ma
dubbioso riguardo allo sbarco sulla Luna.
Commenta
la senatrice marchigiana Serenella Fucksia, 48 anni, medico del lavoro, soprannominata «Sharon Stone a 5
stelle»: «Il direttorio nominato da Grillo? Almeno da fantasma diventa ufficiale. Da movimento ci trasformiamo in partito. Le espulsioni? Assurde nelle motivazioni, e soprattutto nel metodo. Gli scontrini? Una ridicolata. Le regole? Un po' cambiate, un po' ignorate. Dopo il risultato deludente alle europee e alle regionali il metodo appare fragile. Siamo lontani dalla democrazia diretta, e di certo non un modello di vera democrazia. Ma in Italia non ci sono esempi migliori. E gli errori, in un movimento nuovo, sono inevitabili».
In
rete questa volta gli attivisti si scatenano contro i dirigenti nominati
dall'alto, non votati, da ratificare in blocco. I server privati della Casaleggio
annunciano un sospetto 90% di sì. Ma davanti alla villa di Grillo a Marina di
Bibbona (Livorno) i militanti protestano. Fra loro, perfino la compagna del
neosindaco 5 stelle di Livorno. Con Grillo non ci si annoia mai. Però i suoi
adepti non si divertono più.
Mauro
Suttora
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