martedì 23 dicembre 2014

Scandalo eurodeputati m5s

Oggi gli eurodeputati 5 stelle hanno annunciato di avere versato 134.000 euro al Fondo PMI del ministero italiano dell'Economia.
134mila euro in sei mesi significa 1.300 al mese per ognuno dei 17 eurodeputati.

E gli altri 15mila netti che incassano ogni mese (6.200 di stipendio, 4.300 di rimborsi spese, 4.500 di diaria)? E gli altri 21mila che prendono per i portaborse? Totale: 36mila euro mensili.

Tolte le spese (affitto, vitto, viaggi, hotel a Strasburgo), ai portavoce non dovrebbero rimanere 2.500/3.300 netti mensili, come a tutti gli altri eletti 5 stelle a Roma e nelle regioni?
A Bruxelles gli affitti costano meno che a Roma.

Se un portavoce 5 stelle al parlamento italiano osasse "restituire" soltanto 15.600 euro all'anno, verrebbe additato come un volgare ladro 

lunedì 22 dicembre 2014

M5s, déjà-vu

Il disfacimento del M5s si è già visto, in Italia, e con gli stessi meccanismi. I gruppuscoli dell'estrema sinistra 68ina (Lotta continua, Avanguardia Operaia, Pdup, Mls, Servire il popolo, Potere operaio, Manifesto, Dp, ecc), dei quali ho fatto in tempo a vedere i rimasugli al ginnasio nel '73-'76, sprecavano anche loro gran parte del tempo e delle energie in lotte interne fra fazioni.

 I radicali sono stati rovinati dal verticismo carismatico di Pannella, simile a quello di Grillo e Casaleggio.
E i verdi dal prevalere di portaborse e burocrazia, proprio come oggi da noi: non è un caso per es. che Corrao (l'eurodeputato con 11 portaborse) sia egli stesso un ex portaborse, così come la Castelli, che ha appena rimediato una figuraccia eliminando arbitrariamente un emendamento alla legge di stabilità sul porto di Trieste voluto dal locale meetup, con l'unico motivo che era stato presentato dal triestino Prodani, da lei considerato dissidente.
Streaming boomerang

Il settarismo produce mostriciattoli

domenica 14 dicembre 2014

Taverna vs. Sibilia (direttorio) e Ciampolillo

Mafia Capitale, Taverna (M5S): “Sciogliere subito il comune per mafia”

La senatrice: «Puntiamo a ottenere la presidenza della commissione trasparenza». E su Pizzarotti: «È in cerca di visibilità, i dissidenti da lui si aspettavano di più»

La Stampa, 12/12/2014
di Francesco Maesano

Fuma e trema: il primo freddo romano s’è insinuato nel cortile del Senato della Repubblica. Al fianco di Paola Taverna la nuova assistente, assunta dopo che il suo predecessore [Fabio Massimo Castaldo, ndr] è stato eletto al parlamento europeo.
Fuori, oltre vialetti e corridoi, la città dello scandalo, che poi è la sua.
«Aspettiamo sempre lo scioglimento del comune per mafia, gli indizi non mancano».

E mentre aspettate a cosa state lavorando?
«Dobbiamo cercare una mediazione per ottenere la presidenza della commissione trasparenza. Potrebbe essere un argine al malaffare e inoltre credo che non tutti i nodi siano venuti al pettine».

Qualcuno tra voi pensa che non vi convenga.
«Non so se il gioco vale la candela ma in ogni caso si tratta di una decisione da prendere tutti insieme e da far vagliare alla rete».

Quanto pragmatismo. Pizzarotti docet?
«Credo che il sindaco di Parma sia soprattutto in cerca di visibilità. Con la politica del compromesso s’è consegnato questo paese alla situazione attuale».

Ha paura che la scalata gli riesca?
«Il M5S non è scalabile perché è orizzontale, al massimo ci puoi nuotare dentro. Ecco: Pizzarotti vada a farsi una nuotata».

In tanti sembrano disposti a seguirlo a nuoto.
«Secondo me i cosiddetti dissidenti si aspettavano qualcosa di più. A Parma hanno organizzato una specie di sfogatoio. Sono cose che non capisco: io le pagavo le mie sedute di terapia. Ora hanno tutti le orecchie basse, chissà che hanno in mente».

A che pensa?
«Non so. Sono loro quelli organizzati. Noi talebani non abbiamo coordinamenti».

Adesso avete il Direttorio. State andando oltre Grillo?
«Ora sembra che dobbiamo cacciare Beppe per riprenderci. Non è così. Nel metodo non è stato l’ideale nominato in quel modo, nel merito tre su cinque sarebbero stati nominati anche dall’assemblea dei gruppi».

Chi?
«Luigi, Roberto e Alessandro».

E la Ruocco e Sibilia?
«Carla è più schiva ma è preparatissima».

Non mi ha detto nulla di Sibilia.
«(Ride) Tutti bravi, tutti bravi. Me la sono cavata?»

Caccerete dal M5S il senatore Ciampolillo per conflitto di interessi? Dal gruppo arriva più di una conferma che la sua espulsione sarebbe imminente.
«È quello con il quale ho meno rapporto di tutti, quasi mi ero dimenticata che era con noi. Non lo so. Vediamo la prossima settimana».

link intervista a La Stampa

mercoledì 10 dicembre 2014

Grillino con 11 portaborse


OGNI EURODEPUTATO PUO' SPENDERE FINO A 21 MILA EURO MENSILI PER I PORTABORSE. COSI' IGNAZIO CORRAO LI DA' AGLI ATTIVISTI SICILIANI DEI 5 STELLE. MA ANCHE CESA, LA MUSSOLINI e SALVINI...

di Mauro Suttora

Oggi, 3 dicembre 2014 

Undici portaborse. Tanti ne ha assunti, da solo, l’eurodeputato 5 stelle Ignazio Corrao. Li paga in tutto 21 mila euro al mese, cifra massima consentita dall’Europarlamento. Tre a Bruxelles e otto nella sua Sicilia. Ma il movimento di Beppe Grillo non prometteva di ridurre gli sprechi della politica?

I 16 colleghi grillini di Corrao rimangono nella media, tre-quattro collaboratori a testa. E quello del generoso Ignazio non è il record dell’affollamento: il suo corregionale berlusconiano Salvatore Cicu ha imbarcato ben tredici portaborse. Il piddino casertano Nicola Caputo, dieci. Ma della differenza con Pd e Pdl il Movimento 5 stelle aveva fatto una bandiera. Che ora non sventola più orgogliosa come prima.

L’assunzione dei portaborse, infatti, ha scatenato una bufera. Che rispetto al terremoto degli espulsi in Italia è minima, ma spiega la disaffezione di attivisti e votanti per Grillo: mezzo milione di voti persi su 650mila in Emilia al voto regionale del 23 novembre.

Agli eurodeputati 5 stelle la società Casaleggio & Associati aveva imposto 24 sconosciuti: più per controllarli che per assisterli, sembrava. Fra questi, vari riciclati: Cecilia Arvedi, ex assistente dell’Udc calabrese Gino Trematerra, Monia Benini, già segretaria provinciale dei Comunisti italiani a Ferrara, il portaborse di un’ex eurodeputata forzista e quello dell’ex europarlamentare dipietrista Pino Arlacchi.

Gli eurodeputati grillini si sono ribellati e in ottobre li hanno licenziati tutti, compreso il potente capo della comunicazione Claudio Messora. Ora però hanno dovuto riassumerne 17, accollandoseli singolarmente. Messora, per esempio, risulta a carico dell’eurodeputato bergamasco Marco Zanni.

Riciclati e fidanzate
La Arvedi è stata aiutata da Daniela Aiuto, abruzzese (è il caso di dirlo), la Benini è stata «salvata» dalla tarantina Rosa D’Amato.  Quanto all’eurodeputato veronese Marco Zullo, ha assunto autonomamente Alessandro Corazza, capogruppo Idv in regione Friuli fino al 2013. Anche la ex fidanzata di un pezzo grosso dei 5 stelle è stata recuperata.

Gli attivisti del movimento sono imbestialiti. Anche perché gli stipendi dei deputati (5.200 euro netti mensili) e assistenti a Bruxelles sono il doppio di quelli di Roma. In Italia gli eletti grillini, in Parlamento e nelle regioni, si autoriducono i compensi a 2.700-3.200 al mese (rimborsi esclusi). E i portaborse stanno sui 1.200.

Certo, nessuno dei collaboratori di Corrao è suo parente. L’eurodeputato Lorenzo Cesa (Udc) ha invece assunto la figlia del collega di partito Rocco Buttiglione. Alessandra Mussolini ha imbarcato il fidanzato 19enne della propria primogenita. 
Sulle orme del segretario leghista Matteo Salvini che dieci anni fa beneficiò il fratello di Umberto Bossi, mentre Francesco Speroni regalò uno stipendio al primogenito Riccardo (da non confondere con Renzo, il «trota»). 

Però i grillini promettevano di ripulire la politica. Invece si sono ridotti a distribuire «redditi di cittadinanza» a propri attivisti disoccupati. In fondo, fa parte del loro programma.
Mauro Suttora


Grillo ne espelle due e ne nomina 5


di Mauro Suttora

Oggi, 3 dicembre 2014

Con Beppe Grillo non ci si annoia mai. Una mattina si sveglia e decide che avere espulso un terzo dei suoi senatori in un anno e mezzo non gli basta. Decreta che altri due deputati non avrebbero rispettato le regole del suo movimento sui soldi da restituire, e ricomincia con le purghe. Quelli pubblicano su Facebook le ricevute dei versamenti di metà del loro stipendio. Niente da fare.

La sarda Paola Pinna ha osato donare qualche migliaio di euro alla Caritas di Olbia dopo l'alluvione di un anno fa, invece di buttare i soldi in un fantomatico conto ministeriale per le piccole e medie imprese che non ha ancora erogato un centesimo. «Conflitto di interessi, voto di scambio!», tuonano sui siti del Movimento 5 stelle (M5s) gli "influencer", fedelissimi della società Casaleggio & Associati incaricatidi spargere il verbo. Come se la Caritas fosse la mafia, che ricambierà il favore ricevuto dalla “furba” Pinna.

L'altro reprobo è Massimo Artini, un toscano che appena un mese fa ha mancato per soli dodici voti (44 a 32) l'elezione a nuovo capogruppo dei deputati 5 stelle. Un pezzo grosso, quindi, con un largo seguito. Proprio come Luis Orellana, il senatore che prima della cacciata a marzo era il candidato presidente del Senato del movimento, e poi aveva perso di un soffio con Nicola Morra la guida del gruppo. Insomma, appena rischia di emergere un non fedelissimo a Grillo e a Gianroberto Casaleggio, loro inventano qualche scusa per farlo fuori.

I processi sono una farsa. Anzi, non ci sono proprio. Tre millenni dopo Salomone, i grillini non hanno ancora imparato che prima di giudicare bisogna almeno sentire entrambe le campane. Il diritto alla difesa è sconosciuto in Grillolandia. L'ex comico rovescia sul malcapitato di turno una valanga di accuse, e subito dopo chiede agli iscritti di votare immediatamente sì o no all’epurazione sul sito privato della Casaleggio & Associati. Senza preavviso. 

Nessun controllo esterno sulla regolarità del voto. Nessuna distinzione individuale fra gli imputati, da condannare in blocco come infoibati legati fra loro col fil di ferro. Nessun verdetto dell'assemblea dei parlamentari, come richiesto dal regolamento. Si vota solo fino alle 19, e peggio per chi lavora o non sta sempre appiccicato al telefonino. Giustizia-lampo. Il modello è l'ordalia Gesù/Barabba. Ma loro lo chiamano «giudizio della Rete». Inappellabile.
 
Stessa commedia il giorno dopo. Grillo decide di nominarsi cinque vice. Viola lo statuto del movimento, scritto da lui nel 2009, che all'articolo 4 vieta i dirigenti di partito: «Nessun organismo intermedio fra votanti ed eletti». L'unico non campano è il romano Alessandro Di Battista, ex collaboratore della società Casaleggio. Tutti deputati, nessun senatore.

Quota rosa per Carla Ruocco, bella e borghesissima signora di Posillipo con erre moscia. Gradimento della sua pagina Facebook (termometro della simpatia online): 36mila «mi piace», contro i 185mila della popolana ma popolare Paola Taverna. Gli altri: Luigi Di Maio, Roberto Fico (presidente della commissione Vigilanza di quella Rai che il programma 5 stelle voleva invece privatizzare) e Carlo Sibilia, avellinese complottista convinto che il club Bilderberg governi segretamente il mondo, ma dubbioso riguardo allo sbarco sulla Luna.

Commenta la senatrice marchigiana Serenella Fucksia, 48 anni, medico del lavoro, soprannominata «Sharon Stone a 5 stelle»: «Il direttorio nominato da Grillo? Almeno da fantasma diventa ufficiale. Da movimento ci trasformiamo in partito. Le espulsioni? Assurde nelle motivazioni, e soprattutto nel metodo. Gli scontrini? Una ridicolata. Le regole? Un po' cambiate, un po' ignorate. Dopo il risultato deludente alle europee e alle regionali il metodo appare fragile. Siamo lontani dalla democrazia diretta, e di certo non un modello di vera democrazia. Ma in Italia non ci sono esempi migliori. E gli errori, in un movimento nuovo, sono inevitabili».

In rete questa volta gli attivisti si scatenano contro i dirigenti nominati dall'alto, non votati, da ratificare in blocco. I server privati della Casaleggio annunciano un sospetto 90% di sì. Ma davanti alla villa di Grillo a Marina di Bibbona (Livorno) i militanti protestano. Fra loro, perfino la compagna del neosindaco 5 stelle di Livorno. Con Grillo non ci si annoia mai. Però i suoi adepti non si divertono più.
Mauro Suttora