mercoledì 23 luglio 2014

Chi è Luigi Di Maio

IL 5 STELLE BON TON PIEGA ANCHE GRILLO

Emergenti: chi è la promessa pentastellata che fa "ragionare" perfino il leader.

Per il troppo lavoro ha perso la fidanzata e continua a rimandare la laurea. Vicepresidente della Camera a soli 26 anni, Luigi Di maio ora tratta con Renzi e fa rientrare nel gioco il movimento

Oggi, 16 luglio 2014

di Mauro Suttora



A 26 anni Giulio Andreotti e Aldo Moro non erano neppure in Parlamento. Bettino Craxi era solo consigliere comunale, Matteo Renzi un oscuro segretario provinciale Ppi. E Silvio Berlusconi non aveva ancora visto un mattone. Luigi Di Maio, invece, è diventato vicepresidente della Camera.

Se c’è un wonder boy della politica oggi in Italia, è lui. Undici anni meno del premier, ma quanto a parlantina e aplomb gli tiene testa. Lo ha notato l’Italia intera, quando il napoletanino del Movimento 5 stelle (M5s) ha affrontato Renzi in streaming. Risultato: ora Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio si fidano solo di Di Maio. Che così è diventato il numero uno del secondo partito italiano.

Ci ha messo appena un’ora e mezza a far fare dietrofront perfino al proprio capo. Grillo aveva di nuovo insultato Renzi: «ebetino», e anche «ebetone». Lui si è messo al telefono, e pazientemente lo ha convinto: la trattativa col Pd continua. Nessuno screzio fra i due, solo fiducia. «Imparo sempre da Di Maio, anche quando sta zitto»: così, come sempre scherzando ma non troppo, il fondatore dei 5 stelle lo aveva incoronato candidato premier prima delle europee.

Poi il disastro, perso un voto su tre, e soprattutto Renzi col doppio dei consensi: 40 per cento a 21. Allora Grillo e Casaleggio hanno aperto furbi al Pd: «Facciamo insieme la riforma elettorale». Obiettivo: far fuori Berlusconi e il suo patto del Nazareno con Renzi. Rimettendo in gioco i sei milioni di voti del M5s, finora congelati in un’opposizione dura ma con pochi sbocchi.

E chi meglio del genietto di Pomigliano d’Arco come volto della svolta costruttiva?
Di Maio ha un padre impresario edile nonché, come il collega Alessandro Di Battista (il suo opposto: esagitato ed esagerato), fascista: prima Msi, poi An. Lui, invece, è troppo giovane per non essere vergine. Mamma Giovanna è prof di italiano e latino allo scientifico.

Come Renzi, ha cominciato a «rompere le balle» già al liceo. E ha continuato da capetto anche all’università di Napoli: fonda una lista, diventa subito presidente pure lì: del consiglio degli studenti. Oltre a consigliere della facoltà di Legge.

Fanatico dei computer, segue Grillo dal primo Vaffaday del 2007. L’impegno politico gli fa perdere due cose: la laurea (è ancora fuoricorso, ora vuole recuperare online) e la fidanzata (troppo indaffarato, ora pare pratichi l’endogamia con la pentastellata Silvia Virgulti, bella tv coach che gli ha insegnato a ben figurare sullo schermo).

Trombato alle comunali nel 2010 (neppure papà votò per lui, 59 preferenze), due anni dopo alle primarie per diventare deputato gli bastano 189 voti. E pochi minuti per convincere gli altri cento deputati 5 stelle, digiuni di politica, a designarlo vicepresidente della Camera.

Dopo un anno molti, anche negli altri partiti, lo preferiscono alla presidente Laura Boldrini. Ineccepibile, autorevole, equilibrato, ha imparato a memoria il regolamento e infligge espulsioni: su tredici deputati che ha fatto cacciare dall’aula, ben otto sono grillini. Altro che salire sui tetti.

Ciononostante è amato (o almeno non detestato) anche dai 5 stelle oltranzisti. La pantera 45enne Paola Taverna gli è affezionata: «Però col Pd dev’essere meno moscio, sennò sembriamo Fantozzi». Il senatore Michele Giarrusso lo stima ma scherza agrodolce: «La trattativa Renzi-Di Maio? Facciamo giocare un po’ i ragazzini, in realtà il Pd non è cambiato».

Lui procede imperterrito, come quei partenopei più severi e disciplinati degli svizzeri. Mai una parola fuori linea, mai una virgola non sintonizzata col vertice Grillo&Casaleggio. Ma riesce anche a non apparire pedissequo. Con i proconsoli onnipotenti del gruppo Comunicazione, veri guardiani dell’ortodossia (l’ex Grande Fratello Rocco Casalino e l’ex assistente della Taverna, Ilaria Loquenzi), dirige di fatto il M5s. Il cui slogan era «Uno vale uno». Ma Di Maio ora vale tanto.
Mauro Suttora  

2 commenti:

  1. 24 LUG 2014 DAGOSPIA

    IDI DI MAIO - IL MARCHESE FULVIO ABBATE FA A PEZZI IL VOLTO DOROTEO DEL GRILLISMO: “MI METTE PAURA PIÙ DI CAPEZZONE. HA IL CARISMA DELL’AGENTE IMMOBILIARE E L’ARIA DA PRIMINO DELLA CLASSE: MA TU CE LO VEDI LUIGI NOSTRO, NOTTETEMPO, DAVANTI ALLE MERAVIGLIE DI YOUPORN?

    Abbate: “Un 'piccolo ambiziosetto', insinuano i Franti della rete? O piuttosto piccoli nuovi dorotei crescono? C'è il dubbio che Di Maio sia una reincarnazione di Andreotti con quell’aria da primino della classe che perfino a Montanelli avrebbe fatto venire voglia di mettersi nudo al sambodromo di Rio"…

    Fulvio Abbate per “il Garantista”
     
    Il giovane Luigi Di Maio, campioncino in ascesa del M5S, lo confesso, con quell’aria molto “executive”, tra “Gazzetta ufficiale”, vicepresidenza della Camera e – ahimè - ormai impossibili irruzioni dei rettiliani, mi mette paura. Più di quanto non sia accaduto nel tempo con un altro pezzo unico del brivido politico nostrano, cioè il berlusconiano radicale Daniele Capezzone.
     
    A dire il vero, la prima impressione visiva (che non sempre è quella che davvero centra il bersaglio), suggeriva il carisma assai stoico dell’agente immobiliare, proprio questi in attesa davanti a un civico, blazer e cravattone nella più torrida pampa degli appartamenti da mostrare al potenziale acquirente. Pura estetica “Gabetti”, insomma. Perfino lo spettacolo dello streaming, con Renzi come un abusivo lì nello strapuntino d’angolo, narrava qualcosa di atroce e spettrale, un numero degno del “gabinetto del Dottor Caligari” 2.0 cui ci hanno abituato quelli del Movimento 5 Stelle.
     
    Già, in confronto all’aria da torvo Mario Pio calzata come un passamontagna dal Di Maio e dai suoi colleghi parlamentari di spalla, sempre più ultracorpi “Tecnocasa”, il carissimo Matteo, in jeans e giacca turchese da circoletto, sembrava Checco Zalone al massimo della forma, di più, sembrava che gli appartenesse pienamente il motto anarchico secondo cui “sarà una risata che vi seppellirà”.
     
    Esatto: seppellirà proprio i pizzuti grillini e la loro totale assenza di ironia. Certo, si tratta di semplici sensazioni, eppure la scena con Di Maio al centro, andando avanti con il nostro film, sembrava anche una parodia del celebre quadro di Caravaggio dedicato ai bari improvvisamente sgamati, un remake affidato, che so?, ancora una volta a uno bravo a marcare il ridicolo.
     
    Gli irreprensibili pentastellati, sempre tesi verso le labbra di Beppe e di Casaleggio, ci hanno insegnato che c’è sempre e comunque qualcosa di antropologicamente deforme nella classe politica, perfino la più giovane, addirittura la più “easy”, e noi, ligi, ricordandoci perfino della lezione di Monicelli, Risi e Scola che misero al mondo del cinema “I mostri” (e poi, non contenti, “I nuovi mostri”) decidiamo quindi di diffidare perfino di un’encomiabile vicepresidente della Camera come Di Maio.
     
    Così come non riusciamo a finire un solo numero di “Urania”, a dare credito all’idea del microchip sotto pelle, alle scie chimiche e perfino alla già citata leggenda dei rettiliani, allo stesso modo ci sembra opportuno interrogarci su chi parla così: “D’ora in poi – spiegò Di Maio a David Parenzo nella rassegna culturale “Ponza d’autore” – Beppe Grillo e Casaleggio avranno meno spazio, ma loro sono contenti e sono in una fase in cui cercano di dare più responsabilità a quelli che oggi fanno parte del Movimento e ne condividono la linea”.
     
    E ancora, di fronte alle preoccupazioni del collega deputato convinto che il campioncino si fosse montato la testa aggiunse: “Tom Currò dice che ormai sono a capo M5S. Non è così. Finita legge elettorale scriverò lettera agli attivisti che spiega tutto”. Già l’annuncio prelude qualcosa di minatorio.
    (segue)

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  2. (2 - continua)
    Un “piccolo ambiziosetto”, insinuano gli infami Franti della rete? O piuttosto piccoli nuovi dorotei crescono? Come scrive Philippe Ridet, corrispondente di “Le Monde” da Roma: “L’uomo della sinistra radicale e degli incontri con Matteo Renzi sulle riforme è diventato il volto istituzionale e presentabile di un partito che in passato ci aveva abituato ad atteggiamenti aggressivi, intransigenti e spesso anche infantili”.

    Il riferimento alla sinistra radicale trattandosi di M5S è un abbaglio lisergico (ricordando, fra l’altro, che nei geni familiari di Di Maio c’è, semmai, il MSI e poi AN) ma comincia a farsi strada l’idea che si tratti di una reincarnazione di Andreotti, la stessa assenza di umane sbavature, la stessa assenza di eros, la stessa sensazione che comandare sia meglio che fottere sia pure in versione 2.0, (tu ce lo vedi Luigi nostro, nottetempo, davanti alle meraviglie di YouPorn?), la stessa implicita voglia di castigare i “cazzari” del suo stesso gruppo, persone che finora neppure Gianroberto, il capogita, era riuscito a ricondurre alla ragion pratica, e poi su tutto un’aria da primino della classe che probabilmente perfino a Montanelli avrebbe fatto venire voglia di mettersi nudo al sambodromo di Rio. Il sequel dei nuovissimi mostri attende soltanto un nuovo spassionato regista. Pensa, forse lo stesso Renzi riuscirebbe nell’impresa creativa. (fine)

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